Espiazione sul Monte Scalpello


Di Domenica pomeriggio e con una temperatura compresa tra i 35° ed i 38° il nostro caro Enrico non può certo rimanere a casa con l’aria condizionata “a palla” come farebbe chiunque parta da un livello di saggezza medio - basso.
E siccome le sue splendide idee gli piace condividerle con gli amici ecco che mi telefona e mi propone una escursione in mtb facile facile: Sferro, Catenanuova, Monte Scalpello (60 km a/r) con permanenza fino a sera per assistere al tramonto.
Non appena esco di casa (dove lascio il mio condizionatore in funzione a pieno regime) ho un impatto frontale con tutta l’aria calda di cui la Sicilia è capace quando stringe alleanza col Nord Africa; nel tragitto tra casa mia e casa di Enrico elaboro una serie di pensieri vietati e conio nuove forme di invettiva verso lo stesso.
40 minuti dopo posteggiamo l’auto a Sferro (frazione di 30 abitanti appena) e iniziamo la nostra pedalata di 13 km verso la stazione di Catenanuova dove è prevista l’unica sosta prima della salita a Monte Scalpello.
Lì conosco Assunta e Mamma Vincenza che insieme gestiscono il bar/ristorante “Vecchia Stazione”; le due donne mi colpiscono per la loro semplicità e per il loro sorriso, tanto che si decide di ripassare da qui per un’altra sosta alla fine dell’escursione.
Giunti all’inizio del sentiero che conduce al Santuario in cima al Monte Scalpello ci rendiamo conto che non sarà cosa facile allorquando intravediamo qualche strappo in salita che non ha nulla di tranquillizzante; inoltre ci tornano alla mente le parole di Assunta circa un pellegrinaggio di fedeli da Catenanuova al Santuario e la cosa ci da la misura della durezza del percorso; è con questi presupposti/presagi che iniziamo la salita.
E’ da qualche settimana che non usciamo in bici seriamente e il conto arriva puntuale … ed è salato!
Enrico, che sta sempre avanti a me di almeno 100 metri (e fin qui … ahimè …nulla di nuovo) si ferma ad aspettarmi su ogni tratto in pianura per scattare qualche foto insieme; non diciamo una sola parola ma i nostri sguardi si confessano l’uno con l’altro, come in chiesa col prete poco prima di prendere l’ostia consacrata. Tra un tornante e l’altro scorgiamo il Santuario che lancia inequivocabili fiamme di rimprovero al nostro tanto ardire (mi sembra però che ce l’abbia di più con Enrico).
La nostra passeggiata comincia lentamente a trasformarsi in una inusuale forma di espiazione.
Giunti all’ennesima, dura, impossibile rampa veniamo colti dai sensi di colpa accumulati durante gli anni di permanenza su questa terra e tutti i peccati di cui ci siamo macchiati (Enrico certamente qualcuno in più) scorrono accanto a noi come le pietre che solleviamo al passaggio dei nostri copertoni roventi.
Completo il tragitto espiando le colpe commesse tra il 1977 ed il 1980, cioè tra i 13 ed i 16 anni, dando vita ad un nuovo personalissimo sistema di misura: la salita al Monte Scalpello, ad esempio,  misura tre anni di peccati commessi durante il periodo adolescenziale.
Non oso chiedere ad Enrico quante e quali colpe abbia espiato Domenica pomeriggio!


Giunti sulla sommità del monte, il Santuario (37° 32'55 68" N; 14° 39'13 30" E - 560 mt) ci accoglie con tutta la sua serenità: è costruito con le stesse pietre di cui è fatta la montagna ed è stato restaurato da poco. Inoltre scopriamo che una porta lasciata socchiusa da accesso ad un  piccolo bagno di cui si può tranquillamente usufruire ( manca però l’acqua).
Ci diamo all’esplorazione, anche per sgranchire le gambe e scopriamo un pianoro dove c’è un piccolo altarino con una Madonna. Subito pensiamo che è un ottimo posto per rimanere a dormire in tenda e programmiamo di venire con gli amici, entro fine estate, per una gita di 2 giorni.
Restiamo in silenzio per una buona mezz’ora, rapiti dal panorama e dalla quiete del luogo. Solo ora apprezziamo la fatica incontrata per arrivare quassù: tutto questo sembra un premio.
Dopo aver assistito ad un tramonto mozzafiato iniziamo piano piano la discesa in sterrato fino all’incrocio con la SS192 e bruciamo i chilometri fino alla stazione sotto la luce fioca di una luna a ¾. Enrico mi avverte che in prossimità di una fattoria ci potrebbero essere dei cani, ed in effetti è così. Percorriamo un breve tratto spingendo le nostre bici mentre 2 cani, tra cui un grosso Maremmano, ci abbaiano contro. Nessun pericolo, ma guai se fossimo rimasti in sella.
Alle 21,40 arriviamo alla trattoria di Assunta mentre la fame ha raggiunto livelli da carestia. Nel locale ci sono solo due avventori un po’ rincoglioniti (uno corregge Enrico dicendogli che quello di fronte non è l’Aspromonte ma il monte Scalpello; Enrico invece aveva detto: è il nostro monte) che stanno andando via. Per questo motivo e per l’ora un po’ tarda non speriamo certo che alla nostra richiesta di un piatto di spaghetti al pomodoro mamma Vincenza ci accontenti subito.
Ed invece, 15 minuti dopo, ecco i nostri spaghetti giungere sul tavolo: 2 porzioni da paura condite con abbondante ricotta salata (la Mamma, ad un certo punto della cottura, ci chiama in cucina per chiederci se la quantità di sale è di nostro gradimento; mai successo prima!!!).
Superfluo parlare della bontà e della genuinità della cena.
Messi al sicuro gli spaghetti e scambiati baci e abbracci con le due “Sante” ci rimettiamo sulle bici e alle 23,00 concludiamo la pedalata raggiungendo l’auto di Enrico a Sferro (37° 30'05 69" N; 14° 47'50 86" E) .
Cos’altro aggiungere al racconto di questo pomeriggio? …